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02 Cambia strada

La capacità di riposizionare un brand su strade nuove, tra mari, arché e maraviglie.

  • Antonello Molella
  • Antonello Molella
Cambia strada

«Non c'è vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare.»

-Seneca

E mai come oggi questo adagio si applica nel branding, dove la capacità di evolversi mantenendo la propria essenza è diventata cruciale per navigare nel mare magnum dei simboli contemporanei.

Arde, l'anatomia del cambiamento.

Nel cuore di ogni brand risiede un'essenza metafisica, che gli antichi greci chiamavano archè, ovvero quella forza primigenia che dominava il mondo, ardendo silenziosa. Questa forza può illuminare nuovi spazi, proiettare ombre diverse, ma non deve mai spegnersi. Il processo di reinvenzione, tuttavia, è come l'arte del fuoco: richiede cura, attenzione e la capacità di mantenere vivo il nucleo mentre si alimentano nuove direzioni.

Così, un brand nell'arco del suo diacronico ciclo vitale, ha la necessità di fare “altre” cose, trovare nuovi orizzonti, solcare confini scintillanti e spazi inesplorati dove veleggiare, perché è nella sua natura evolversi con e per la società. Tuttavia, è necessario in primis riconoscerne la sua complessa e polisemica natura. Ogni brand, in quanto costrutto semiotico complesso e multidimensionale, è una «macchina per produrre senso»1 composta da due piani distinti e interconnessi: il piano intangibile (tutta la sua assiologia: filosofia, valori, posizionamento, personalità) e quello tangibile (tutta la parte espressiva: brand name, logo, prodotti, servizi).

Quando, però, il marinaio di cui Seneca ci parlava, decide che è tempo di cambiar rotta, è cruciale operare simultaneamente su entrambi i piani in modo coordinato, tirando le giuste funi, spiegando le vele e navigando arditi.

Quando il “noto” scompare.

Le strade per trasformare un brand sono, certamente, molteplici. Ogni percorso di rinnovamento è, appunto, un viaggio di scoperta, dove il noto cede il passo al possibile. Eraclito sosteneva che «nulla è permanente tranne il cambiamento» ed è così che i brand virtuosi colgono questa verità profonda e accettano la sfida del «divenire», accettando, appunto, il noto come parte del proprio heritage. Come può, allora, astrazioni a parte, un brand evolversi e veleggiare altrove?

Facendo brand repositioning e rivedendo il posizionamento per intercettare nuovi bisogni emergenti o nuovi segmenti di consumatori.

Facendo rebranding e rinfrescando gli elementi visivi dell'identità per trasmettere nuovi valori o attributi astratti.

Facendo brand extension e lanciando nuove linee di prodotti o servizi complementari per ampliare il purpose del brand.

Cercando partnership strategiche e collaborando con brand affini per acquisire nuove competenze ed energie.

Facendo acquisizioni e avvicinando brand con know-how distintivi per integrare nuove capability.

Innovando come se non ci fosse pace e investendo in ricerca e sviluppo.

Co-creando con le community per dare voce alle persone, perché - non ce lo dimentichiamo mai - i brand vivono per loro.

L'arte del cambiamento e della “maraviglia”.

La vera sfida non è però quanto cambiare, ma come farlo. I brand più longevi hanno sviluppato una capacità quasi naturale di evolvere mantenendo salda la propria identità. Come sosteneva Giancarlo Livraghi: «Se qualcosa funziona, non toccarla.». Ma questo non significa immobilismo, piuttosto è l'abilità di comprendere cosa preservare mentre tutto il resto evolve. Ed è proprio da questa trasmutazione del simbolo che deve nascere una nuova “maraviglia” che ci possa ancora una volta stupire, donandoci il senso delle cose.

Il cambiamento, quindi, non è un punto di arrivo, ma un processo permanente come Eraclito aveva saggiamente notato. È la capacità di vedere nuove opportunità mantenendo al sicuro lo scrigno dei propri valori. Non c'è quindi paura per chi sa cogliere quel vento favorevole, a cuor contento.